5 minuti con Gesù - Archivio

Commento al Vangelo del giorno a cura di P. Antonio Maria Carfì

15 Aprile 2024 - Lunedì

15 Aprile 2024 - Lunedì

Carissimi Amici, buongiorno a tutti! Dio è Amore!

Mettiamoci in ascolto della Parola di Gesù:

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 6,22-29

Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Riprendiamo la lettura del capitolo 6 del Vangelo di Giovanni che racconta il seguito del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il miracolo naturalmente aveva suscitato nella folla un grande entusiasmo intorno alla figura di Gesù, per cui la folla si mette alla Sua ricerca. Tuttavia la risposta di Gesù ha l’effetto di una rasoiata che vuole potare i facili e sterili entusiasmi per suscitare nel cuore degli uomini la vera fede.
Ascoltiamola perché l’eco raggiunga anche noi: “Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà»”.
In effetti lo cercano (forse anche noi…) perché sembra loro di avere trovato finalmente una persona che può rendere più facile la loro esistenza quotidiana, procurando cibo in abbondanza, guarendo da tutte le malattie, placando le tempeste, del mare e della vita… In realtà Gesù li rimprovera perché non hanno saputo cogliere il segno di quel miracolo ossia cosa c’è oltre la materialità dell’intervento divino.
Lui stesso aveva risposto alle tentazioni del Maligno nel deserto quando Gli chiedeva di trasformare le pietre in pane a colpi di miracoli: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Matteo 4,4). Gesù vuol farci capire che l’uomo vale molto di più del suo stomaco! E che è pura illusione diabolica pensare di potere riempire con le cose materiali i vuoti della vita causati, consciamente o inconsciamente, dalle tante insicurezze che rendono il terreno sotto i nostri piedi molto simile alle sabbie mobili.
Non solo: Gesù indica la fonte da cui attingere quel cibo che rimane per la vita eterna: Lui stesso! Ma di quale cibo sta parlando? La folla continua a non capire e, infatti, domanda: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”.
Già, c’è poco da fare: a noi uomini piace subito concretizzare, (‘andare al quaglio’ si dice dalle nostre parti) perché pensiamo che tutto possa risolversi con il ‘fare’ delle cose, anche religiose: la carità, la preghiera, le opere… Ma ancora una volta la risposta di Gesù è stupenda ed apre anche a noi un modo nuovo di comprendere il mistero della nostra vita: “Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato»”.
Gesù pone la questione dell’adesione a Dio non sul piano del fare, ma sul piano dell’essere. E che cosa dobbiamo essere? Credenti! La fede dunque è la porta di accesso al mistero di Dio. Si tratta di essere credenti. Parola abusata nel nostro linguaggio ecclesiale, ma forse non sempre compresa fino in fondo. Infatti, secondo un’antica etimologia, deriverebbe da due parole: cor e dare, ossia ‘dare il cuore’.
Essere credenti in Dio equivale ad essere ‘amanti’ in Lui, significa accogliere in noi ed amare l’Amore! Questo è ciò che il Signore vuole da noi! Se le opere non sono figlie di questo amore servono a poco.

Caro Gesù,
ogni tanto è bene interrogarsi
sul motivo per cui Ti cerchiamo!
A dire il vero, ci riesce anche abbastanza facile
fare qualcosa ‘per Te’:
un gesto di carità,
la partecipazione a qualche funzione religiosa,
una preghiera.
Perché poi dopo aver ‘fatto’ qualcosa
possiamo anche richiudere
il libro della contabilità del ‘fare’
e metterTi lì in mezzo a quelle pagine
come una ‘immaginetta’
da tirare fuori nel momento del bisogno.
Pensiamo forse che darTi troppa ‘confidenza’
Ti metta in condizione poi
di chiederci chissà quali sacrifici e prove.
Ma la Tua Parola
ci costringe a tirare giù le maschere
per farci compiere un passaggio decisivo:
dal ‘fare’, dove i protagonisti siamo noi,
all’essere credenti, dove il protagonista sei Tu;
dal fare qualcosa per Te,
per poi continuare a camminare lontani da Te,
a lasciarTi fare qualcosa per noi;
dallo stare “accanto” a Te, all’essere in Te,
per averTi spalancato finalmente
le porte del nostro cuore con la fede.
Perdonaci se ancora non lo abbiamo fatto
con tutto noi stessi.

Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!

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