5 minuti con Gesù

Commento al Vangelo del giorno a cura di P. Antonio Maria Carfì

25 Febbraio 2025 - Martedì

25 Febbraio 2025 - Martedì

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Il brano di ieri, insieme all’esorcismo compiuto da Gesù, ci aveva consegnato un lamento da parte del Signore rivolto ai Suoi discepoli: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?»; lamento provocato dalla loro (e nostra…) mancanza di fede. E il brano di oggi ci mostra che mentre il ragazzo era stato liberato dallo “spirito muto” per la preghiera di Gesù, i discepoli invece sono ancora sotto il giogo del Male. Cosa lo dimostra? Il fatto che a fronte del secondo annuncio della Passione appena ascoltato (il primo era stato a Cesarea di Filippo: cfr. Marco 8,31) i discepoli questionano su chi tra di loro deve essere considerato il più grande, il più importante. Ecco perché Gesù domanda: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». La domanda raggiunge anche noi e possiamo tradurla così: qual è la nostra idea di “grandezza” umana lungo la strada della nostra vita? Perché è vero ed anche giusto che l’Uomo cresca e si migliori e cerchi di far fruttare i propri talenti, i doni che Dio stesso gli ha donato (cfr. Matteo 25,14-30: la parabola dei talenti). Il problema non è la “grandezza” in sé, ma il desiderio di esserlo “più” di qualcun altro. È questa la motivazione che alimenta invidie e gelosie e confronti antipatici fra gli esseri umani e “gare” di grandezze inutili quando non pericolose perché ci spingono a volte a fare “il passo più lungo della gamba”. E i frutti di questa presunta “grandezza” sono sempre gli stessi: egoismo e protagonismo perché al centro di tutto mettiamo il nostro “io” – obeso, pretenzioso e presuntuoso – e feriamo la relazione con gli altri. Ma così perdiamo noi stessi! Perché l’Uomo è fatto per la relazione, lo ricorda la preoccupazione del nostro Padre agli albori della Creazione: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (Genesi 2,18). Mettere al centro sé stessi per essere “più” grandi di qualcuno e per “dominare” ci fa uscire dalla logica evangelica che Gesù ha testimoniato con la sua vita: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Giovanni 12,24). Solitudine, infelicità, amarezze, incomunicabilità sono l’altissimo prezzo che paghiamo e facciamo pagare agli altri a causa dei nostri deliri di onnipotenza… Questi sono gli effetti dello spirito muto sulla nostra vita. Altra Parola invece è quella di Gesù: amore, umiltà, il passo rallentato per aspettare chi è rimasto indietro, la preoccupazione di chi ci vive accanto: sono questi gli ingredienti per una vera vita umana, realmente umana proprio perché evangelica. L’invito di Gesù a «portare la croce» (Marco 8,34) lo accogliamo davvero nel momento in cui rinneghiamo il nostro “io” superbo e falso che si nutre di auto-affermazione e orgoglio… a spese degli altri! Così anziché diventare dispensatori di amore e di misericordia diventiamo distributori di amarezze e delusioni. E provochiamo tante macerie, nella nostra vita e in quella degli altri. Gesù lo sa bene che l’Uomo desidera realizzarsi e per questo offre i criteri e le linee guida per un’autentica realizzazione della nostra vita. Alla frenesia inquieta di avere, potere e apparire (i dinamismi costitutivi della persona umana) Gesù offre la medicina per guarirci e guarire le nostre relazioni: il desiderio di fare della propria vita un servizio di amore. Lo aveva annunciato ai discepoli durante la Lavanda dei piedi nel corso dell’Ultima Cena: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica» (Giovanni 13,12-17). Capite cari Amici: «Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica» ci dice Gesù stamattina! Ma se “essere beati” è sinonimo di “essere felici” allora la nostra felicità la conquisteremo non nella misura in cui ci sforziamo di essere “più” grandi di qualcun altro, ma quando faremo della nostra vita un servizio di amore, una pro-esistenza, proprio come quella di Gesù che desidera ardentemente renderci “partecipi” della Sua stessa capacità di amare. Infatti alla reazione orgogliosa di Pietro che non vuol farsi lavare i piedi dal Maestro, Gesù ribatte: «Se non ti laverò, non avrai parte con me» (Giovanni 13,8). La vita cristiana non è “imitare Gesù”, ma “prendere parte concreta, attiva e quotidiana” alla Sua stessa Vita e questo porta ad una conseguenza straordinaria quanto sorprendente: la capacità di amare come ama Lui. Perché ce lo ha chiesto, perché ci dona questa possibilità: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Giovanni 15,12-13). Vogliamo essere davvero “grandi”, “grandissimi”? Amiamo, sempre, anche quando ci costa e crocifigge i nostri orgogli e ragionamenti umani. Vogliamo essere grandi? Aspiriamo allora ai carismi più grandi come ci esorta l’apostolo Paolo: «Desiderate invece intensamente i carismi più grandi» (1Corinzi 12,31). E lui stesso ci dirà che la virtù «più grande di tutte è la carità!» (1Corinzi 13,13).

Caro Gesù,
tutto in noi è destinato a crescere.
Lo dice la nostra natura:
da piccoli che eravamo
ci siamo ritrovati “grandi”
in un batter d’occhio…
Tuttavia lo sai
che può annidarsi in noi
un verme pericoloso,
capace di divorare e distruggere
intere esistenze:
è il desiderio non solo
di essere “grandi”,
ma di esserlo sempre
“più” di qualcun altro.
E questa è la fonte avvelenata
di invidie e gelosie,
di paragoni che
trasformano gli altri da fratelli
e compagni di viaggio nella vita
in rivali e avversari
e nemici e antagonisti…
E così di “grandi”
ci saranno solo l’amarezza
e le delusioni e le rivalità,
e i muri che costruiamo
tra noi e gli altri.
Ti preghiamo, Gesù,
donaci la medicina per guarire:
accendi in noi il desiderio
di essere grandi, sì,
grandissimi, ma nell’amore!
Ti preghiamo, Gesù,
fa’ che se proprio
dobbiamo gareggiare tra di noi
lo facciamo nello stimarci a vicenda,
nel lavarci i piedi gli uni gli altri,
nell’amare ciò
che è infinitamente
piccolo nella vita,
perché là ci sei certamente Tu!
E noi vogliamo essere discepoli Tuoi,
perché hai amato
la piccolezza di una Grotta,
la durezza di una Croce,
il freddo di un Sepolcro,
il restare con i Tuoi
nella fragilità del Pane
e nel soffio invisibile dello Spirito.
Aiutaci ad essere grandi
nell’unica cosa
che conta ai Tuoi occhi innamorati:
la carità!

Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!

Liturgia

Orari

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10.30
18.00


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La Fraternità accoglie quanti desiderano unirsi
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6.15 Lodi e Santa Messa (Lun, Mar, Mer)
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12.00 Ora media e Santo Rosario
16.30 Vespri, Adorazione eucaristica e Santo Rosario

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