5 minuti con Gesù

Commento al Vangelo del giorno a cura di P. Antonio Maria Carfì

31 Gennaio 2025 - Venerdì

31 Gennaio 2025 - Venerdì

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

È bello ogni giorno mettersi alla scuola di Gesù per apprendere e comprendere le realtà del Regno. Ed è bello sapere che questo Regno non è una realtà stupenda e paradisiaca che ci attende al termine del nostro percorso terreno. In realtà esso inizia già su questa terra e io e te siamo il luogo dove questa costruzione desidera mettere le fondamenta. Significativa a tal riguardo l’immagine offertaci dall’Apostolo Pietro: «Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pietro 2,4-5). Dunque siamo tutti invitati a fare parte di questo Regno e chiamati ad esserne costruttori già sulla terra. E quali sono le caratteristiche di questo Regno? Innanzitutto esso, come il seme, possiede una sua forza interiore che non dipende dall’Uomo! Ed appare subito evidente che una prima logica di questo seme/regno è quella che non potrà portare frutto se non “muore” (cfr. Giovanni 12,24). E qui entra in gioco un altro elemento fondamentale: la speranza. Essa consiste principalmente nell’atteggiamento interiore che ci fa già vedere le messi che biondeggiano, laddove tutti vedono solo un seme che scompare sottoterra e pensano che tutto sia finito. Questo seme/regno inoltre possiede una forza intrinseca che non dipende da nessuno perché è la stessa potenza di Dio che lo abita. Il “come” germogli e cresca non ci è dato di saperlo. Esso segue una logica: «prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga». È l’indicazione che ogni cosa ha un suo tempo di maturazione che va rispettato se non vogliamo fare pericolose forzature. Il seme è la Parola di Dio e il terreno siamo noi. Se ci lasciamo fecondare da questo seme, la nostra vita porterà frutti secondo la volontà di Dio: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda» (Giovanni 15,16). E a questo punto Gesù ci parla, con la consueta delicatezza, del mistero della morte, che tanto ci spaventa, annunciandola non con temi apocalittici paurosi, ma con una pennellata che ne rivela la vera finalità: «Quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». La morte non è la fine di tutto, ma è l’annuncio (per quanto doloroso per chi perde le persone care) che la persona è giunta a “maturazione” e quindi, sorella morte come la chiamava Francesco di Assisi, compie l’opera della “mietitura”. Ma sappiamo che la mietitura non è il momento in cui il raccolto viene compiuto e… buttato via o bruciato! Al contrario, è il momento necessario perché avvenga la trasformazione della spiga di grano in farina e poi in pane caldo, fragrante e profumato. Infatti la Chiesa così ci fa pregare nelle Messe esequiali: «Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo». Proprio così: la morte non “toglie” la vita, ma la trasforma così come il chicco di grano si trasforma in stelo e poi in spiga… E poi abbiamo la seconda rivelazione sulla logica del Regno e questo secondo esempio è un vero e proprio inno alla “piccolezza”. Tutto risponde alla logica/illogica follia dell’Amore di Dio per noi! Se Lui, l’Infinito, si è fatto Bambino per noi vuol dire che la potenza di Dio si nasconde nelle cose piccole. È stupenda questa rivelazione! Perché noi ci affanniamo nel cercare di essere “grandi” nelle cose di Dio, di essere super credenti e super eroi della carità e sempre “sul pezzo” senza tentennamenti e difficoltà… E invece scopriamo che è nella nostra piccolezza e fragilità che si nasconde la potenza dell’Amore di Dio! Questo ci è rivelato attraverso l’immagine del chicco di senape che è il più piccolo in natura: Dio non ci sceglie perché siamo “grandi”, ma solo se accettiamo la nostra “piccolezza” e la offriamo con fiducia a Lui. E così scopriamo un’altra sorprendente logica del Regno: la vita nostra vita ha davvero senso solo se è una pro-esistenza, ossia una vita vissuta per/con gli altri. È l’antidoto ad ogni forma di egoismo e di isolamento. Infatti questo minuscolo chicco di senape diventa una pianta che può raggiungere i tre metri di altezza (soprattutto la senape nera) e diventa ombra e riparo per gli uccellini. Così deve essere la nostra vita: deve diventare luogo di carità fattiva, come esortava Madre Teresa: love in action, cioè “amore in azione” e non a parole (cfr. 1Giovanni 3,18). Se siamo anche alberi alti e con forti radici, ma nessuno viene a ripararsi alla nostra “ombra” perché siamo pieni di “spine” (giudizi, mancanze di carità, rancori…), perché ci siamo costruiti intorno muri e fili spinati (paure, diffidenze, delusioni…) per isolarci, che senso ha la nostra vita? Siamo dunque tutti in partenza semi “piccolissimi” chiamati però a diventare “grandi” nell’Amore.

Caro Gesù,
tante volte abbiamo pensato
che per essere amici Tuoi
sia necessario essere “santi”,
perfetti in tutto ciò che facciamo,
“grandi” per la forza e per i mezzi;
che tutto dipenda da noi.
E poi ci vengono incontro
pagine evangeliche che ci spiazzano,
ci sorprendono e ci accendono di speranza.
Perché scopriamo che il Tuo Regno
ha una forza intrinseca
che non dipende da noi:
è la fecondità dell’Amore.
Bella notizia che ci affranca
da ogni “ansia da prestazione religiosa”
nei Tuo confronti!
È bello sapere
che siamo abitati dall’Amore,
che dobbiamo solo accoglierlo
e non inventarcelo,
perché Tu lo hai già seminato
nei nostri cuori.
È bello sapere che
se ci lasciamo guidare
da questa Forza interiore
diventeremo spighe e poi grano maturo
e poi farina e pane benedetto
per la fame di amore delle persone
che vivono con noi.
È bello sapere che le nostre vite
hanno davvero senso se,
come i chicchi di senape,
diventiamo accoglienti per gli altri,
“arbusti” ospitali
per chiunque ne ha bisogno,
forse per un giorno,
forse per una stagione della vita
o nel “per sempre” degli sposi
e degli amici veri.
È bellissimo allora guardare
alla nostra piccolezza
abitata dalla Tua grandezza.
È la verità della nostra vita,
è il fondamento del Tuo Regno.

Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!

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