Carissimi Amici, buongiorno a tutti! Dio è Amore!
Mettiamoci in ascolto della Parola di Gesù:
Dal Vangelo secondo Luca – 10,13-16
In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».
Può sembrare strano vedere Gesù pronunciare parole di minaccia forti e taglienti. Nella traduzione della CEI troviamo: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida!». Ma Gesù sta veramente minacciando guai e castighi per queste città che lo hanno rifiutato? In realtà andrebbe tradotto così: «Ahimè per te…». E allora tutto il senso cambia radicalmente! È il lamento di dolore di Dio per il male dell’Uomo, è il grido dell’Amore non amato!
Il senso letterale non è “guai a te”, ma: “guai a me per te”!!! Questo grido contiene già l’annuncio della Passione di Gesù per amore degli uomini di ogni tempo. La Croce di Cristo infatti è “l’Ahimè” per i peccati dell’umanità. Dai peccati nasce il dolore di Dio che li assume in sé per vincere il Male con la misericordia e il perdono. Il rifiuto di per sé non fa nulla a Dio, ma si ritorce su chi compie il male. Ma Dio è Amore ed è nostro Padre e soffre per la sofferenza dei Suoi figli. La Croce diventa allora il segno della serietà dell’Amore di Dio per noi e al tempo stesso è il termometro della gravità del nostro male. Quanto è grave il peccato se per toglierlo dal mondo Dio ha mandato il Suo Unigenito che quel Venerdì Santo ha versato il Suo Sangue per amore, fino all’ultima goccia. Probabilmente non ce ne rendiamo conto!
Viviamo in una cultura in cui più nessuno parla di peccati, in cui persino i cristiani più fervorosi fanno fatica a riconoscere i propri peccati. Viviamo in una cultura che ha completamente sdoganato il “senso del peccato” in nome di un soggettivismo dissennato e di una “libertà” dell’individuo che è ormai tracimata in un “libertinaggio” senza limiti, cioè nell’idea che essere liberi significhi avere la possibilità di fare ciò che si vuole!
È singolare che il primo comandamento del decalogo dei satanisti reciti così: “Fai quello che vuoi”. Che differenza abissale ed irriducibile c’è con l’esortazione di Sant’Agostino: “Ama e fa ciò che vuoi!”. Infatti la vera libertà che Cristo è venuto a restituirci dopo il peccato originale non è fare quello che vuoi (questo è il libero arbitrio), ma usare il libero arbitrio solo per fare il bene. Solo così si è autenticamente liberi! Ed è sempre commovente pensare che il rifiuto di Dio e il male che ne consegue non ricade su di noi, ma su di Lui che continua ad amarci e ad offrirsi al Padre in espiazione dei nostri peccati sino alla fine dei tempi.
Un brano della Prima Lettera di Giovanni ci illumina: «In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (4,9-10). Infatti «il castigo che ci salva si è abbattuto su di lui» annuncia il profeta Isaia (53,5) e «colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore» dice san Paolo (2Cor 5,21).
Pertanto il brano di oggi che sembrava iniziare con invettive e minacce da parte di Dio contiene invece il più forte annuncio di salvezza. È l’Ahimè di Dio sulle nostre esistenze, sino alla consumazione del tempo umano. Sì, perché Gesù lo ha promesso: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Matteo 28,20). E poi Gesù dice qualcosa che coinvolge tutti noi: «Chi ascolta voi ascolta me». Quanto è forte e bella questa affermazione. Se permettiamo alla Sua Parola di dimorare in noi come il seme che porta frutto (cfr. Marco 4,1-8) non saremo portatori solo di ragionamenti umani, ma diventeremo la voce dello Sposo. Gesù stesso parlerà attraverso di noi. Ed ovviamente non si tratta solo del ministero della predicazione affidato ai ministri consacrati. Non si tratta nemmeno di organizzare catechesi e convegni. È tutto molto più semplice: basterà vivere il Vangelo nel quotidiano per diventare noi stessi delle “parole di Dio”, parole che Dio pronuncia a favore delle persone che vivono accanto a noi. Così la missione e il discepolato iniziano già dalle nostre case (cfr. il commento di ieri 5 ottobre).
Caro Gesù,
non Ti nascondiamo
che oggi ci trema il cuore
nel sentirTi dire a coloro
che anche oggi Ti rifiutano: “Ahimè”.
Che strano. Ci saremmo aspettati
che rivolgessi minacce e promettessi castighi
a coloro che si rifiutano di credere al Dio Amore
e preferiscono adorare gli idoli della morte:
il potere, il denaro, il successo, il piacere senza amore.
E invece il Tuo è il sospiro
di chi soffre per noi che soffriamo
a causa dei nostri peccati.
È il sospiro che come scirocco infuocato
scioglie il gelo provocato
dai nostri errori e orrori,
dalle nostre cadute
sino alla fine del mondo,
riscaldando i nostri cuori
oltre il confine del male
e del vuoto che esso provoca.
È quel vento forte e costante
che ci permette di navigare
oltre il mare insidioso del peccato
per disporre le vele verso un altro mare,
quello infinito e calmo della Tua misericordia.
Grazie Gesù per questo Tuo “Ahimè”
che ci fa sentire amati e accolti, sempre;
che è l’epi-fonia della Tua tenerezza
e della Tua pazienza filiale e fraterna,
perché è il sospiro di Chi prende su di sé
tutto il peso del Male
per liberarci da ogni schiavitù.
Fallo risuonare sempre nei nostri cuori,
nei momenti di maggiore paura e scoraggiamento,
e ci rialzeremo da ogni caduta
per vivere come Tuoi veri amici e discepoli,
figli di Dio e fratelli tra di noi.
Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!