Guarigione, consolazione, purificazione. Ecco i frutti di una grotta buia, sporca e abbandonata. Ma scelta dal Cielo per divenire grembo di vita nuova per molti. Per tutti coloro che, come il lebbroso del Vangelo, hanno avuto l’umiltà e il coraggio di chiedere aiuto. Gridando con fede: “Se vuoi, puoi guarirmi!” (cfr. Mc 1,40). Sì. Quella grotta, benedetta dalla presenza dell’Immacolata, è ancora oggi luogo di guarigione fisica e spirituale. E alla Cittadella, piccola Lourdes calabrese, abbiamo rivissuto quel momento di grazia iniziato con un “colpo di vento”: immagine eloquente dello Spirito Consolatore.
Chiedere aiuto. Un atto semplice, quasi istintivo. Eppure spesso ostacolato in noi da orgoglio e diffidenza. Mettendo in azione umiltà e fede, ci siamo rivolti a san Giuseppe, padre della Provvidenza e patrono della Chiesa, nel Secondo Mercoledì a lui consacrato. Imitando gli antichi Egiziani, che furono docili al comando del faraone: “Andate da Giuseppe. Fate quello che vi dirà” (Gen 41,55). Si trattava dell’antico Giuseppe, figlio di Giacobbe, innalzato ad altissima dignità e fatto vicerè d’Egitto. Che salvò il paese dalla carestia, fornendo abbondanza di grano. «Anche il nostro san Giuseppe» – ha osservato p. Francesco – «ci ha donato pane in abbondanza: il Pane del Cielo, Gesù, da lui custodito con premura nei difficili anni dell’infanzia, segnati dalla persecuzione».
E il giorno successivo, giovedì 8 febbraio, quale modo migliore per iniziare il Triduo alla Madonna di Lourdes, se non in compagnia dei suoi figli prediletti? Numerosi amici disabili, accompagnati da volontari e genitori, sono stati avvolti dal calore dell’amicizia e della solidarietà. Attraverso l’energia della musica e del ballo, che li ha accolti al loro arrivo nel primo pomeriggio, coinvolgendoli in un clima di allegria e fraternità. E poi un rosario tutto speciale: animato da brevi riflessioni, segni e l’immancabile “Ave Maria” di Lourdes, cantata insieme sventolando fazzoletti azzurri. Per concludere con un piccolo pellegrinaggio alla nostra grotta, dove l’acqua benedetta di Massabielle ha continuato simbolicamente a scorrere, bagnando le mani dei nostri amici: segno della grazia divina che lava tutti noi, malati nello spirito a causa del peccato, per farci rinascere a vita nuova.
A coronare il tutto la s. Messa, animata con canti gioiosi e presieduta da p. Giuseppe Calogero. Che con parole semplici ha lanciato un messaggio da non dimenticare: «La Messa è gioia perché è Dio che ci dice: “Ti voglio bene”. E noi gli rispondiamo: “Ti voglio bene anch’io!”». E ci ha lasciato un proposito molto concreto per fare penitenza nella Quaresima ormai vicina: dedicare più tempo, attenzione e amore a chi ci sta accanto, mettendo da parte i social. A partire da dentro casa. Momenti di grazia indimenticabili, allietati dalla presenza di un numeroso gruppo di Melito Porto Salvo (l’associazione Piccola Opera Papa Giovanni Casa Famiglia “Francesco Falco”) che si è unito per la prima volta ai nostri amici che frequentano ormai assiduamente i raduni alla Cittadella.
Il profumo del balsamo che lenisce le ferite ha inebriato la nostra cappella venerdì 9 febbraio. Sì, perché in occasione del raduno dell’Associazione del Rosario Perpetuo, abbiamo voluto offrire un segno tangibile del valore “terapeutico” di questa potentissima preghiera, vera medicina per l’anima. Dopo l’Ora di Guardia, durante la s. Messa i rosari personali dei fedeli sono stati unti con olio di nardo, ricordo dell’unzione a Betania (cfr. Gv 12,3). Il rosario personale ha un’importanza speciale. Ce lo ha ricordato p. Francesco, rievocando l’apparizione in cui la Madonna chiese a Bernadette di pregare usando la sua povera corona di legno, e non quella di preziosa madreperla offertale da una ricca signora.
Eccoci finalmente giunti alla data tanto attesa: l’11 febbraio, XXXII Giornata Mondiale del Malato, che quest’anno cadeva di domenica, offrendo una provvidenziale coincidenza. Come ha osservato p. Santo, infatti, «Lourdes è il Vangelo di questa domenica messo in atto». L’episodio della guarigione del lebbroso (Mc 1,40-45) ha offerto un’occasione unica di collegamento tematico: «A Lourdes vanno i lebbrosi» - ha continuato il padre – «cioè i malati nel corpo e nell’anima. E chi di noi può dirsi completamente sano?». Ha poi ripercorso la straordinaria trasformazione della grotta di Massabielle: prima delle apparizioni vi pascolavano i porci e vi si bruciavano rifiuti d’ospedale. Poi, proprio lì «il paradiso è sceso sulla Terra. Perché Dio non si scandalizza di quella sporcizia, simbolo delle nostre deformità fisiche e spirituali». Un arcobaleno, una scala luminosa che riunisce la terra al Cielo: ecco come il nostro Fondatore ha definito l’Immacolata, «la persona più cara a Dio, che Egli ha inviato a Lourdes come Mediatrice e Consolatrice». Gli innumerevoli miracoli – di cui solo pochissimi riconosciuti ufficialmente dalla rigorosissima commissione scientifica – sono avvenuti soprattutto nelle piscine e davanti al Santissimo Sacramento: «l’acqua, immagine del Battesimo, e Gesù Eucarestia, Medico e Medicina». E tantissimi sono tornati a casa come persone nuove! «L’angoscia che sentiamo dentro spesso è frutto del peccato, vera e propria lebbra che decompone gradualmente la nostra anima». Questa la lettura del Vangelo offerta da p. Francesco, che dopo la Messa ha guidato una piccola processione fino alla grotta.
E nella solenne concelebrazione serale, presieduta da p. Santo Donato, l’omelia di p. Pasquale Triulcio ci ha offerto numerosi spunti, quasi tutti incentrati sulla splendida figura di Bernadette. «Il lebbroso è caduto in ginocchio davanti a Gesù (cfr. Mc 1,40), Bernadette davanti alla Vergine Santa. E tu? Davanti a chi o a che cosa ti inginocchi?». Bello poi il riferimento a quel “soffio di vento” da cui tutto ebbe inizio. Segno dello Spirito Santo che veniva a portare una nuova pentecoste nella Chiesa. Ancora una volta, come nel Cenacolo, all’ombra della Madre di Gesù (cfr. At 1.14; 2,1-4). Quello stesso Spirito che dopo le apparizioni forgerà con sapienza il carattere caparbio della piccola veggente, facendone un capolavoro di santità. La santità dei “poveri” del Vangelo (cfr. Mt 5,3): «Bernadette sapeva di non aver nulla da perdere. Perché sapeva che tutto ciò che lei era e aveva, proveniva da Dio».
Una celebrazione meravigliosa, allietata dal “Chorus Christi” della parrocchia san Giuseppe SS. Salvatore in Cataforio (RC), diretto dal Maestro Antonino Ripepi e con la graditissima concelebrazione del parroco don Saverio Caccamo. Un inno incessante, esploso in lode affettuosa e appassionata alla Vergine Santa, si è levato dal cuore e dalle voci dei numerosissimi fedeli presenti. Tra gli amici ospitati domenica, la Confraternita del Carmine di Tropea. Che come tanti altri pellegrini hanno sostato a lungo in preghiera davanti alla nostra grotta, piccola ricostruzione di quella di Lourdes. Tappa immancabile per chiunque visita la Cittadella. Per affidare preoccupazioni, propositi e speranze a Colei che il 25 marzo 1858 ha finalmente rivelato a Bernadette e al mondo la sua identità: “Io sono l’Immacolata Concezione”.