Ciascuno di noi necessita di sentirsi al riparo, di sapersi e scoprirsi amato. La paura più grande che sta a fondamento di tutte le altre paure è quella della morte. E allora occorre che qualcuno ci dica che siamo eterni. Eterna è la nostra anima. Non c’è una medicina che ci assicuri l’immortalità perché si allontani da noi la paura della morte. C’è piuttosto un rimedio che ci assicura la vita eterna. O meglio, già ora, la “vita dell’Eterno”: saperci amati da Dio. Infatti solo il Suo amore salva dalla morte.

È per questo che alla Cittadella dell’Immacolata abbiamo voluto vivere un fine settimana tutto proiettato alla relazione con Dio. A partire dal raduno mensile dell'Associazione del Rosario Perpetuo, fino alla celebrazione in suffragio delle anime sante del Purgatorio.


Ci chiediamo: in un mondo che sembra scristianizzato e che ignora la figura della Vergine Maria, che senso ha continuare a pregare il Rosario? I tanti fedeli che ogni volta prendono parte a questa iniziativa lo sanno bene. E testimoniano che il Rosario, così come si recita nella supplica alla Vergine di Pompei, è la “catena dolce che ci rannoda a Dio”. E allora, quanto più lo recitiamo, così come ci ha ricordato più volte padre Francesco, tanto più ci leghiamo alle cose di Dio. Il Rosario inoltre ci offre l’occasione di trovarci a tu per tu con Maria, alla quale chiediamo di mettere a tacere i dubbi, le tempeste, i tanti venti che agitano la barca della nostra vita. Nell’abisso della nostra miseria, attraverso il Rosario, discende la gloria di Dio, la pace di Dio, la benevolenza di Dio, il suo provvido amore. E tutto per mezzo dell’Immacolata.

Ci accorgiamo anche che è possibile fare esperienza di ciò che ha vissuto Maria a Nazaret: il Divino entra in noi. E, per quanto sia grande, entra sempre in punta di piedi nella nostra storia, per non distruggere, per non violare nulla di noi. Con la celebrazione eucaristica conclusiva, abbiamo sperimentato la fusione del nostro cuore col Cuore di Cristo. Che si lascia mangiare, si rende “commestibile”, per poter raggiungere l’uomo nel modo più diretto possibile. Per manifestarci quanto ci ama. E come anche per ciascuno di noi dal cielo si oda questa voce: “Tu sei il figlio mio, l’amato” (cfr. Mt 17,3).


Proprio questa voce ci ha introdotti alla celebrazione dell’ultima domenica del tempo di Natale, che ci ha immessi nel tempo ordinario. È il Battesimo di Gesù la tappa da cui prende avvio la missione di ogni uomo che vuole divenire discepolo di Cristo. Padre Santo in questo giorno ci ha ricordato che il nostro Battesimo è "un rinunciare all’uomo vecchio. Rinunciare anche a satana, al male". Inoltre il ricordo del nostro Battesimo deve riportarci ad “avere fiducia nel Cuore di Gesù”, e dire: “Gesù, voglio te, vengo alla tua scuola! Tu sei il mio medico e la mia medicina!”. L'invito conclusivo è stato di “perdersi tra le braccia di Gesù, di entrare nel suo Cuore e ricominciare, partendo dalla carità”.



Padre Francesco invece ci ha ricordato che l’immersione di Gesù nel Giordano è “un segno di solidarietà con ciascuno di noi”. Inoltre, ad imitazione di Gesù che dopo aver ricevuto il Battesimo stava in preghiera, così anche noi dobbiamo ricordare che “solo la preghiera fa aprire il cielo sopra di noi, squarciando le nubi, e ci fa sentire gli amati figli di Dio!”.

E allora, vogliamo che la grazia discenda su di noi come lo Spirito Santo è disceso su Gesù nel giorno del Battesimo? “Iniziamo a pregare e rinnoviamo il nostro Battesimo attraverso la Confessione”.


Nel pomeriggio di domenica la grazia della celebrazione e del ricordo del Battesimo di Cristo ci ha introdotti nel mistero dell'eternità. Facendoci contemplare la santità delle anime nel cielo. Con l'Adorazione eucaristica, durante la quale sono stati ricordati i defunti iscritti nel registro del Pio Sodalizio. E con la celebrazione eucaristica in loro suffragio. Insieme abbiamo compreso che occorre prepararsi bene per ricevere l’eredità del Regno dei cieli. Così come ricordava padre Santo, occorre pensare “cosa ci portiamo nell’eternità: il male o il bene che abbiamo fatto?”. Possiamo però entrare ricchi in paradiso "se mettiamo nella nostra valigia tanto amor di Dio, tanta preghiera, tanta fede, tanto sacrificio e soprattutto tanto perdono”.


L’olio offerto dai fedeli per la lampada che arde notte e giorno dinanzi al Santissimo ci ha riportati alla missione di ogni battezzato che è – come sottolineava padre Francesco – “un donare la vita al Padre così come Gesù l’ha donata per la salvezza di tutti. Perché essere figli amati richiede un po’ di impegno nei confronti del Signore e dei fratelli”.

Abbiamo vissuto un fine settimana intenso, ricco di tanti insegnamenti. Un tempo di grazia che ci ha tuffati, immersi nello Spirito Santo. Oceano sconfinato di grazia e Di amore, di cui sempre andiamo alla ricerca. In questi giorni, invochiamo spesso lo Spirito Santo! Per far fronte alle tante seti che abbiamo. Perché lo Spirito è vita, quella di cui abbiamo bisogno. Non per sottrarci alla morte, ma per andarle incontro da uomini nuovi, redenti. Abitati dall’Eterno e dal suo amore.

