L’abbiamo visto inginocchiato ai nostri piedi. L’abbiamo visto sudare sangue tra gli ulivi. L’abbiamo visto schernito, colpito, torturato. L’abbiamo visto conficcato alla croce. Abbiamo udito il suo ultimo grido. L’abbiamo visto deposto nel sepolcro. Corpo freddo, senza vita. E poi, alle prime luci dell’alba, la grande sorpresa: il sepolcro è vuoto! Lo smarrimento, la confusione. E poi all’improvviso eccolo lì, davanti a noi. Splendido, trionfante, glorioso. “Avvolto di luce come di un manto” (Sal 104,2). L’abbiamo visto vivo!

Abbiamo fatto Pasqua. Siamo passati dalle tenebre alla luce. Dalla morte alla vita. E appena compiuto, con tutta la Chiesa, il grande passaggio, anche il nostro amato Papa Francesco ha compiuto il suo passaggio. Dalla Terra al Cielo, dall’esilio alla patria. Dalla vita mortale all’eternità! Il dolore della sua “partenza” è stato addolcito dalla gioia dell’annuncio pasquale. Che nell’Ottava di Pasqua è risuonato con rinnovato vigore. Sì: proprio in quella gioia che sin dal suo primo documento – Evangelii Gaudium – il Papa ha voluto annunciare alla Chiesa e al mondo. Così ha lasciato il mondo, per entrare nella pienezza della gioia.

E ora, a poco più di una settimana da questi eventi, vogliamo ripercorrere insieme le tappe del grande mistero pasquale. Per rinnovare nel cuore la gratitudine. E l’impegno a camminare in una vita nuova (cfr. Rom 6,4). Tutto è iniziato con un catino, dell’acqua e un asciugamano. Nell’intimità del cenacolo, un gesto “folle”. Un Dio che si inginocchia ai nostri piedi per lavarli. «Un Dio che – ha osservato p. Santo Donato – si fa nostro schiavo per amore». Rivelandoci che «Dio è umiltà, servizio». E lasciandoci un grande insegnamento: «Se io voglio essere un seguace di Cristo, devo abbandonare la veste dell’ambizione, del potere, dell’ambiguità. E, sulla scia di Gesù, devo diventare il servo di tutti». Perché la nostra vita cristiana «o è servizio, o è nulla».




Tra il Venerdì e il Sabato santo abbiamo contemplato il vertice di questo Amore. Un Dio che, come ci ha ricordato p. Francesco, prende su di sé la “maledizione” del peccato (cfr. Gal 3,13) per dare a noi la salvezza. E annulla ogni maledizione attraverso la Croce, che diventa il “grande tranello” per il demonio, come lo chiamano i Padri della Chiesa. Associata a questo sacrificio, che Cristo non subisce, ma desidera e sceglie, c’è Maria. Che è stata “amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata” (Lumen Gentium 58). Commovente l’ingresso della statua dell’Addolorata. Per aiutarci a rivivere con maggiore intensità il momento supremo della nostra redenzione.




E poi, nella notte, la luce nuova. Il fuoco, con cui è stato acceso il cero pasquale. Da quel cero, simbolo del Risorto, l’intera assemblea è stata illuminata. Nell’oscurità abbiamo ascoltato i passi dell’Antico Testamento. Poi, al risuonare del Gloria, la luce è esplosa. Per accendersi di più viva gioia con il canto dell’Alleluia. E dopo aver gustato la dolcissima presenza del Risorto nella Liturgia Eucaristica, l’agape fraterna, sul modello delle prime comunità cristiane.




“Alzati! Corri!”. Questo il grido che ha squarciato nuovamente le tenebre al sorgere del giorno di Pasqua. Con la ricca catechesi di p. Santo Donato: «Ricevuto l’annuncio della resurrezione, Pietro e Giovanni si alzano. E corrono tutti e due. Ma spinti da forze diverse. Giovanni è spinto dal fuoco dell’amore. Pietro dal fuoco del suo peccato: il rinnegamento. Sì, Pietro sa di essere stato un vigliacco. Eppure corre anche lui. Ma Giovanni corre più veloce. Perché solo l’amore ti fa volare!». Ecco allora l’esortazione: «Caro fratello, non guardare come ti trovi. Non guardare se la tua situazione è di grazia o di peccato. Ma àlzati! Corri verso il sepolcro vuoto! E fai esperienza della Pasqua».



Una Pasqua illuminata quest’anno da un segno provvidenziale: la coincidenza della data per la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. E noi, che alla Cittadella da sempre desideriamo creare un ponte di fratellanza ecumenica, abbiamo fatto un incontro speciale. Quello con p. Benedetto, giovane sacerdote ortodosso che svolge il suo apostolato a Seminara, molto vicino a noi. Già prima di Pasqua siamo andati a trovarlo. Per cantare insieme l’Akathistos, antico inno bizantino alla Madre di Dio. E per ascoltare una sua catechesi sul combattimento quaresimale. Qualche giorno fa lo abbiamo accolto alla Cittadella. Per condividere da veri fratelli la gioia pasquale. Resa ancora più ricca perché vissuta in quello spirito di unità desiderato da Gesù stesso: “Padre, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (cfr. Gv 17,21).



E dopo il chiaroscuro del Lunedì dell’Angelo, velato dalla tristezza per la morte di papa Francesco, abbiamo trasformato il dolore in gioia attraverso la memoria grata del suo pontificato. Arricchita dalla preghiera di suffragio per lui. Che si è fatta solenne con la concelebrazione eucaristica di mercoledì 23 aprile. Con la graditissima presenza di p. Lorenzo Gasparro, Superiore della Comunità Redentorista di Avellino e docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale. Nell’omelia p. Santo ha ricordato che Papa Francesco «non ha avuto paura della morte. Perché la morte l’ha colto nel compimento del suo dovere, nel suo amare Dio. La morte, per lui, proprio come per s. Francesco d’Assisi, era quella Sorella che spalanca le porte dell’eternità». E poi il Papa fino all’ultimo momento ha voluto visitare la “Salus Populi Romani”. Segno del suo affidarsi a Maria come all’“Amica Stella” che lo ha sempre guidato, fino al suo ultimo “viaggio”. Ora le sue spoglie mortali riposano proprio accanto a Lei. Il padre ha poi offerto un’immagine bellissima della speranza. Da portare nel cuore per questo anno giubilare: «La speranza è come una donna incinta. Che non vede ancora il bimbo che porta nel grembo. Ma guardando al futuro, già lo allatta, lo accarezza, lo veste. Ecco perché la speranza è il nutrimento della fede!».



Siamo poi arrivati alla Domenica della Divina Misericordia. Che chiude l’Ottava e apre alla prolungata letizia del tempo pasquale. Un appuntamento importante per la Cittadella. Che da sempre ha sposato la spiritualità della Misericordia. Un’intera giornata di preghiera e festa. Con un flusso ininterrotto di fedeli, che si sono accostati al sacramento della Riconciliazione. Sin dal mattino la Cittadella ha risuonato di canti di lode, con il Roveto Ardente, animato dal Rinnovamento nello Spirito Santo di Bagnara. Poi la condivisione allegra del pranzo all’area pic-nic. E alle tre del pomeriggio, l’Ora della Misericordia: ancora davanti al Santissimo Sacramento il Canto della Coroncina, l’adorazione con testi di s. Faustina Kowalska e il Rosario.



A coronare la giornata, la solenne concelebrazione eucaristica, presieduta da p. Santo Donato. Che nella sua catechesi ha messo al centro “le cose di lassù”, come ci esorta s. Paolo (cfr. Col 3,1). Una catechesi iniziata e conclusa proprio con la parola “Cielo”. Passando per la meditazione del Vangelo di Giovanni (20,19-31). Che ci presenta la splendida figura di Tommaso. Discepolo incredulo, sì, ma anche desideroso di un incontro personale col Risorto. Perché «la fede è un atto personale. Nessuno può credere al posto tuo. Credere significa innamorarsi di Gesù. E chi ama poco il Signore, è perché lo conosce poco. Inizia anche tu, da oggi, un cammino di conoscenza vera, personale di Gesù!».


Dopo esserci immersi nell’oceano della Divina Misericordia, abbiamo voluto concludere ai piedi della Madre della Misericordia. Con un piccolo pellegrinaggio fino alla grotta di Lourdes. Per intercessione dell’Immacolata abbiamo chiesto al Signore il dono dello Spirito Santo sulla Chiesa, per l’elezione del nuovo Pontefice. E il dono tanto prezioso e urgente della pace per il mondo intero.


Gesù è vivo! Ed è l’infinitamente Misericordioso. Colui che ci ama e ci perdona con Cuore di vero Dio e di vero Uomo. Siamo ormai alle soglie del mese di maggio. E ci prepariamo a vivere il tempo luminoso della gioia pasquale in compagnia di Maria. Come ci ha suggerito p. Santo, chiediamo a Lei, che «correva, anzi volava, perché piena di amore, di aiutarci a correre verso il sepolcro vuoto». Per incontrare Lui: il Vivente (cfr. Ap 1,18). Alleluia!
