Carissimi Amici, buongiorno a tutti! Dio è Amore!
Mettiamoci in ascolto della Parola di Gesù:
Dal Vangelo secondo Marco – Mc 1,40-45
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Quali effetti produce la nostra preghiera rivolta al Signore con tutto il cuore? Non mi riferisco a quelle preghiere a volte fatte in modo distratto o per forza o con la mente e il cuore rivolti a tutt’altro che a Dio. Intendo invece quelle preghiere che sgorgano dal profondo del cuore, dall’abisso dei bisogni nostri o degli altri per i quali preghiamo. Quelle preghiere che facciamo quando siamo “in ginocchio” come il lebbroso, ossia quando la vita o le tribolazioni o i problemi ci hanno fatto piegare le ginocchia del cuore e non abbiamo trovato altro aiuto e conforto che nella preghiera.
Ebbene: questa preghiera che nasce dal cuore provoca sempre in Dio la “compassione”. Si tratta di un sentimento squisitamente materno poiché sia in ebraico (rahamîm) che in greco (splanchnízesthai) i termini fanno riferimento a ciò che una mamma prova nei confronti della creatura che porta in grembo. È un sentimento che suscita l’idea della protezione, della cura, del desiderio di offrire la propria vita al posto della creatura se fosse necessario. Ogni mamma sa quale fusione si crea tra lei e il nascituro, sentimento che non muta con la nascita, ma che piuttosto cresce per tutta la vita.
Credo sia importante sottolineare questi aspetti per comprendere che il rapporto con Dio non è una relazione fredda e distante tra il Creatore e la creatura, ma tra un Padre/Madre e i Suoi figli. È decisivo per la nostra vita di fede sapere che Dio è convolto nella nostra vicenda umana, in modo personale, che il Suo Cuore si commuove per noi.
Ci sono pagine memorabili che ci consegnano questa disposizione materna di Dio: «Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato”. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Isaia 49,14-15). E anche quando siamo nel peccato e noi pensiamo che Dio sia “arrabbiato” con noi, dobbiamo invece ricordarci che il Suo Cuore attende il nostro ritorno a Lui (cfr. Luca 15,11-32) e che farà di tutto come Pastore buono e bello per venire a cercarci (cfr. Luca 15,4-7) e che per salvarci il Padre ha mandato il Figlio a morire per noi (cfr. Giovanni 3,16) perché fossimo perdonati per i nostri peccati: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34).
Quando dunque ci chiediamo cosa Dio pensi di noi possiamo subito rispondere con certezza assoluta: compassione! Che si esprime anche oggi attraverso dei gesti che ci ricordano la verità dell’Incarnazione: «tese la mano, lo toccò e gli disse». Gesù è il Figlio di Dio che tende la mano verso di noi, ci “tocca” attraverso i Sacramenti e i fratelli e parla con noi per mezzo delle Scritture, ma anche con i fatti della vita.
Infine è significativo il fatto che la guarigione riguardi un lebbroso. La lebbra infatti era una malattia sociale nel senso che escludeva dalla vita della comunità per paura del contagio e quindi al dolore fisico provocato dalla malattia si aggiungeva un profondo malessere morale dovuto alla condizione di isolamento. Cristo allora ci purifica da tutto ciò che ci isola, che ci fa perdere la nostra vocazione alla relazionalità. Il monito dell’Autore sacro: «Non è bene che l'uomo sia solo» (Genesi 2,18) accompagnerà per sempre come preoccupazione paterna l’azione di Dio sulla storia degli uomini. Fino alla fine dei tempi potremo contare sul Dio della compassione che Gesù ci ha educato a chiamare “Abbà/Papà”.
Caro Gesù,
tante volte pensiamo
che Tu sei lontano.
Ma poi ci imbattiamo in pagine evangeliche
che ci rivoltano come calzini.
Perché ci raccontano del Tuo desiderio ardente
di incontrarci, lì dove viviamo, amiamo e soffriamo.
E non ci è difficile immedesimarci
nel “lebbroso”, malato nel corpo, ma anche nell’anima,
perché costretto a vivere nell’isolamento,
nella paura del disprezzo degli altri.
Sì, perché anche noi viviamo un tempo
di grandi solitudini pur avendo
immense possibilità di comunicare!
Però facciamo una grande fatica
a creare comunioni vere,
tutto spesso si esaurisce in un mondo virtuale
che solletica la curiosità degli occhi,
ma non riscalda il cuore.
E allora anche noi Ti gridiamo con tutto il cuore:
«Se vuoi, puoi purificarci!».
Dalla lebbra della presunzione di farcela da soli!
Dalla lebbra dei nostri isolamenti figli delle nostre paure!
Dalla lebbra dell’orgoglio e della superbia
che distruggono le nostre relazioni!
Dalla lebbra dell’idolatria del piacere staccato dall’amore,
che sfigura la bellezza delle persone,
e ce la fa vedere solo come corpi da possedere,
da cui prendere la vita, senza donare veramente la nostra.
Dalla lebbra dei giudizi taglienti e presuntuosi
che ci rendono giudici di tutto e di tutti,
quando in realtà siamo miopi
e incapaci di vedere oltre la punta del nostro naso.
Purificaci Gesù e finalmente vedremo noi stessi
e il mondo come lo vedi Tu!
E saremo guariti dalla lebbra più pericolosa
che è il non lasciarci amare da Te!
Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!