In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».
Il Vangelo di oggi si conclude con questa esortazione: «Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri». È l’invito a costruire la nostra vita sulla sapienza evangelica, dono che Gesù fa ai Suoi discepoli e che conduce ad esistenze pacificate, disposte ad accogliere il Principe della pace (cfr. Isaia 9,5) e condividere questo dono con i fratelli/sorelle in umanità. È difficile apprendere questa sapienza? È fatta forse di formule misteriose o di conoscenze riservate a pochi eletti? Niente affatto! È qualcosa che si esprime nelle piccolissime cose, come per esempio dare un bicchiere d’acqua… Perché Gesù stamattina ci dice che non è importante “ciò” che fai, ma “perché” lo fai. E se le cose le facciamo nel Nome di Gesù allora anche pelare le patate o fare i servizi più umili e meno gratificanti acquista un valore infinito agli occhi di Dio! Appare evidente dunque che il discepolo di ogni tempo deve lavorare sulle motivazioni che lo spingono ad agire. Ieri e l’altro ieri abbiamo visto come Gesù abbia corretto il tentativo dei Suoi discepoli di affermare ognuno il “proprio nome” per essere “più” grande degli altri (cfr. Marco 9,33-37); e come altresì si sia dimostrato contrario all’affermazione di un “nome collettivo” per escludere chi non ne faccia parte (cfr. Marco 9,38-40). La differenza allora non è data dall’offrire il bicchiere d’acqua o meno, ma se lo diamo nel Nome di Gesù! Perché fare del bene nel Suo Nome significa riconoscere l’altro e amarlo nella sua vera identità di figlio di Dio con lo stesso amore del Padre. Sì, perché a volte fare del bene nel “nostro” nome significa porre l’altro nella condizione di subalternità, di perenne bisogno di noi; se lo facciamo per il nome del povero allora è filantropia… Ma se lo facciamo nel Nome di Gesù allora riconosciamo nell’altro un fratello da amare come lo ama Dio, in obbedienza al grande ed unico Comandamento dell’Amore, come ricorda Gesù allo scriba che lo interrogava: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi» (Marco 12,29-31). Ecco perché abbiamo costantemente bisogno di verificare e, se necessario, purificare le nostre intenzioni, ossia il motivo che ci spinge ad agire nella vita di tutti i giorni. A tal riguardo, Gesù utilizza alcune parti fondamentali del nostro corpo per farci comprendere quanto sia importante la vigilanza su noi stessi: occhi, mani e piedi sono necessari all’uomo per la relazione! Dunque l’esortazione molto forte del Signore è quella di potare tutto ciò che nell’intenzione del nostro agire non è legato all’amore, al Nome di Gesù, nella nostra relazione con Dio, con noi stessi, con gli altri e con il creato. Attenzione: potare e non amputare. È vero che a volte alcune situazioni hanno bisogno di tagli radicali perché sono tossiche, malate, non legate all’amore vero, sincero, gratuito, disinteressato. Si tratta di agire con decisione su quelle situazioni, interne a noi o esterne, che hanno un’unica fonte: i vizi capitali: ira, avarizia, invidia, superbia, gola, accidia, lussuria. Tutto ciò che nel nostro cuore nasce da queste fonti avvelenate inevitabilmente avvelenerà le nostre relazioni. Allora va tagliato, va reciso con decisione. Altre volte si tratterà invece di fare delle potature, come Gesù stesso ci ricorda: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (Giovanni 15,1-2). Ecco a cosa servono le “potature”, a renderci più fecondi nell’amore: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Giovanni 15,16). Così diventeremo capaci di non “scandalizzare” coloro che incontreremo, restituendo alla parola “scandalo” il suo significato originale: “fare inciampare”. Il nostro compito come amici di Gesù non è quello di fare inciampare/cadere i fratelli che incrociamo nel nostro cammino; piuttosto siamo chiamati ad aiutarli e aiutarci a vicenda, secondo l’insegnamento dell’Apostolo Paolo: «Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo» (Galati 6,2).
Caro Gesù,
se dovessimo mettere in pratica
letteralmente ciò che dici oggi
il mondo sarebbe pieno
di ciechi, zoppi e senza mani,
a cominciare da me che scrivo…
Il Tuo invito invece
vuol renderci capaci
di conoscere meglio il nostro cuore,
le intenzioni che lo abitano
e lo spingono a progettare ed agire,
per scoprire come Tu
l’abbia creato solo per amore,
solo per amare.
Per questo ci chiami ad un lavoro
serio e costante sul nostro cuore.
Un lavoro alacre ed appassionato,
custoditi nel fuoco del Tuo Spirito
che illumina i nostri percorsi umani
affinché i nostri “piedi”
non inciampino più
sulle vie contorte del peccato
e le nostre “mani” smettano
di stringere e possedere
per aprirsi, grate,
al dono da dare e ricevere;
e i nostri “occhi” vedano finalmente
l’immenso, infinito, immeritato Amore
che ci custodisce e ci accompagna.
Solo così nessuno “inciamperà” più
sulle nostre incoerenze,
piuttosto troverà in noi
“mani” disposte ad aiutare
ed “occhi” capaci di sguardi accoglienti,
pieni di amore e di tenerezza.
E sarà solo il Fuoco dell’Amore
a dare calore autentico
ai nostri giorni terreni.
Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!