5 minuti con Gesù

Commento al Vangelo del giorno a cura di P. Antonio Maria Carfì

4 Febbraio 2025 - Martedì

4 Febbraio 2025 - Martedì

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Una donna esausta per le continue emorragie. Una bambina che sta per morire. Tra queste due figure, protagoniste del Vangelo di oggi, una folla numerosa che circonda Gesù e Gli cammina accanto senza conoscerLo davvero. Infatti gli stessi discepoli si meravigliano che Gesù cerchi “quella persona” malata che lo ha toccato di spalle in mezzo alla folla: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: ‘Chi mi ha toccato?’». Non avevano capito che il Signore cerca il contatto “personale” con ogni essere umano, per guardarlo negli occhi. Per guardarci negli occhi e nel cuore: «Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo».
È sorprendente questa intimità che Gesù desidera avere con ognuno di noi. E ad ognuno di noi manifesta il suo desiderio di accedere al nostro cuore, la Sua “sete” della nostra fiducia e del nostro amore: «Dammi da bere» (Giovanni 4,7) dirà Gesù alla samaritana; «Ho sete» (Giovanni 19,28) dirà Gesù all’Umanità dalla Croce. La donna affetta da emorragie nel corso del tempo aveva perduto molto sangue e tante energie, ma non aveva perso la cosa fondamentale: la fede. Così infatti Gesù elogerà il suo slancio: «Figlia, la tua fede ti ha salvata». In cosa crede? Che il solo contatto con Gesù potrà guarirla! E come sempre Gesù ci sorprende e va oltre perché non soltanto la guarisce (il male fisico), ma la salva (tutta la persona riscopre la dignità filiale perduta col peccato originale).
Dove posso toccare Gesù oggi? Ma prima ancora di questa domanda dobbiamo farne un’altra: abbiamo ancora il desiderio di cercare e toccare Gesù? L’analisi sociologica attuale ci dice che una folla enorme di persone con sofferenze di ogni tipo cerca consolazione e “guarigione” nelle piazze dei social, nell’acquisizione di beni materiali che riempiono la pancia, ma lasciano vuoto il cuore. La maggior parte, anche tra i cristiani, ha smesso di pensare che Gesù possa o voglia fare qualcosa per questa umanità malata e impazzita.
La fede talvolta si esaurisce spesso nel pensare: “Dio esiste”, ma manca il passaggio successivo: “Dio esiste… per me!”. C’è una relazione tra me e Lui, personale. E se è vero che non sempre le nostre preghiere di essere “guariti” nel corpo vengono esaudite, è pur vero che siamo “salvati”. Sempre! Se la malattia farà il suo corso e il corpo ne subirà le drammatiche conseguenze devo sempre essere sicuro che Dio Amore è dalla mia parte, soffre con me e la Sua Presenza diventa consolazione e forza e dà senso ad ogni tribolazione.
Dove posso “toccarlo”, dunque? Le vie sono tante e tutte percorribili: i Sacramenti, la preghiera personale, i fratelli/sorelle che vivono accanto a me… Dopo il Natale Gesù è il Dio “incarnato”, cioè ha posto la Sua dimora dentro la carne degli uomini, dentro questa natura bella e fragile al tempo stesso. È ovvio che tutti vorremmo sempre la guarigione fisica, ma “toccare il lembo del mantello di Gesù” significa anche poter dire – quando le cose non vanno secondo il nostro desiderio: “Signore, non capisco, ma mi fido di Te!”. Questa è la “salvezza”: sapere che qualsiasi cosa accada alla mia vita, Gesù è con me! Stupende al tal riguardo le parole del Salmo 23,4: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me». La differenza nella nostra vita non è data da ciò che ci accade, ma se in ciò che ci accade so che Lui è con me!
È questa la fede/fiducia che Gesù desidera da noi. Ed è quella che chiede anche a Giàiro, allorquando gli comunicano la morte della figlioletta per la quale aveva chiesto l’intervento di Gesù: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Anche quest’altro gruppo di persone manifesta una non conoscenza di Gesù. Infatti pensano (e con loro tanti cristiani anche oggi) che Gesù non possa nulla dinanzi alla morte! Ma sentite cosa dice Gesù al papà della bambina: «Non temere, soltanto abbi fede!».
Pur restando un mistero fitto e dolorosissimo, la morte viene letta da Gesù come un “sonno”. E qui Gesù ci lascia una definizione della morte che è di una bellezza e di una delicatezza straordinarie, proprio perché Lui sa quanto ci faccia paura: «La bambina non è morta, ma dorme». È quel “sonno” che manifesta in modo profetico ai Suoi discepoli sulla barca in difficoltà per la tempesta: «Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva» (Marco 4,38). Quanta bellezza e quanta potenza di consolazione nel sapere che la morte è un sonno dal quale ci sveglia la Parola potente dell’Amore: «‘Talità kum’, che significa: ‘Fanciulla, io ti dico: àlzati!’».
Non appartiene alla Morte l’ultima parola sulla nostra vita, ma all’Amore. E la stessa parola “amore” viene dal latino a-mors, che significa “senza morte”. L’Amore non muore e risveglia dal sonno della morte i Suoi figli.

Caro Gesù,
solo una donna,
in mezzo alla folla numerosa,
ha percepito la Tua potenza.
Solo lei ha capito che Tu
non Ti lasci distrarre dalle folle.
Perché Tu ami guardarci negli occhi
e ci cerchi con lo sguardo del cuore
in mezzo a otto miliardi di persone,
perché desideri da ognuno di noi
un semplice atto di fede.
Ma non la “fede” di chi dice
che “qualcosa o qualcuno”
dovrà pur esserci oltre le nuvole…
La fede di chi è sicuro
che, sì, Tu ci sei!
E ci sei per noi!
Per ognuno di noi! Personalmente!
Ci sei, qui e oggi,
in questa malattia,
in quella tribolazione,
nel mare in tempesta di quelle lacrime…
Ci sei! Come Dio e Amico degli uomini,
come Compagno di viaggio
di una moltitudine di crocifissi.
Per Amore dei quali
sei salito sulla Tua Croce,
fonte di luce, di consolazione e di speranza
per tutte le croci del mondo.
E non è necessaria una fede immensa,
grande e matura…
Ti basta quella fede/fiducia piccola e profonda,
quella che è sicura
che basta toccare con amore
un piccolo lembo del Tuo mantello:
l'Eucaristia, il Tuo perdono,
la carne ferita di chi è ferito come noi,
per sentire guarigione e salvezza,
sollievo nel corpo e consolazione nello spirito.
E ogni emorragia di gioia, di speranza,
di amore per la vita così com’è
si arresterà per sempre.

Caro Gesù,
sorella Morte ci fa piangere,
mette a nudo tutta la fragilità
della condizione umana.
E sono in molti a pensare anche oggi
che è inutile “disturbarTi”,
perché non puoi nulla contro di essa.
E Tu, invece, Maestro di vita
e nostro fedelissimo Compagno nella morte,
non la nascondi alle nostre ansie,
ma ce la mostri come essa è in realtà:
un “sonno”, un dormire del corpo,
mentre lo spirito
si innalza subito alla Tua Presenza.
Non allo strepito violento della morte
e del suo corteo di lacrime e disperazione
obbedisce il nostro cuore.
Ma alla Tua Parola delicata e decisa:
«‘Talità kum’, che significa:
‘Fanciulla, io ti dico: àlzati!’».
Perché gli amati non possono dormire,
hanno bisogno di stare in piedi
davanti all’Amante.
La Tua Pasqua ci assicura
che i Sepolcri sono ormai vuoti.
Accolgono solo il guscio
dell’uomo che riposa,
mentre tutto intorno è un fiorire
di canti di speranza e di annunci di vita,
di Vita eterna.
Non è più la Morte ad avere l’ultima parola
sul nostro destino.
L’ultima Parola è la Tua:
la Voce dell’Amante
che chiama tutti gli amati
alla Vita senza fine.

Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!

Liturgia

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