Volgendo al termine le feste si avverte nel cuore una certa tristezza. Un rammarico. E sembra di rimanere a mani vuote.
Abbiamo visto la stella. Ma la stella adesso ci ha lasciati. Dove ci ha condotti? Se la stella che abbiamo seguito non era la cometa, forse non siamo arrivati alla grotta in questo Natale. Forse non abbiamo fatto visita all’Emmanuele. Forse siamo passati davanti alla grotta ma non ci siamo accorti della Sua presenza.
Le feste passano, ma questo Natale cosa ha lasciato in noi? Perché possiamo dire di aver fatto Natale? Di aver festeggiato? Non occorre soltanto essere stati in compagnia o aver mangiato bene. Ma occorre aver fatto una scoperta. Un incontro! Se siamo spenti, tristi, forse è necessario chiederci: "Chi o cosa abbiamo incontrato durante queste feste, durante questo tempo di grazia che ci è stato dato?".
Alla Cittadella dell'Immacolata, grazie alle celebrazioni liturgiche e a qualche novità, abbiamo voluto riscoprire il senso di queste feste trascorse. E fare dei nuovi propositi per questo nuovo anno in cui siamo entrati. Guardando la stella e seguendo i Re magi non abbiamo dato l’addio a tutte le feste, così come si pensa. Ma abbiamo voluto riscoprire la ricerca che sia consciamente, sia inconsciamente, siamo chiamati a fare: ricercare la salvezza. Di noi stessi e di quelli che ci stanno accanto. La salvezza è la scoperta piena e completa di ciò che si è davvero. La scoperta di sé in Cristo. Una scoperta che consente di trascendersi. Di trovare Dio in se stessi e in tutti gli altri uomini. Di vedere il mondo in Lui.
La domenica precedente all’Epifania, attraverso le celebrazioni liturgiche, ci siamo preparati ad entrare nella “manifestazione” e rivelazione della gloria di questo Dio Bambino. Che, così come ha sottolineato padre Santo, è venuto. Si è incarnato per ricordarci che “siamo chiamati all’eternità”. Ad “essere aquile e non galline”! Siamo chiamati, "partendo dalla nostra miseria, a conformarci a Lui! Non possiamo vivere e nutrirci di spazzatura. Abbiamo un’anima da salvare!”. Facendo un serio esame di coscienza dobbiamo ammettere che “nella nostra anima c’è tanto chiasso e tanto rumore. E anche nella nostra esistenza”. Padre Santo allora ci ha invitati a chiederci se tutto questo chiasso e questo rumore siano dovuti ad una poca conoscenza di Dio. Della sua presenza nella nostra vita. Ad un impegno poco serio nella vita spirituale. Nella ricerca che siamo chiamati a compiere.
Preparandoci a questa ricerca, padre Francesco ha anticipato tre caratteristiche appartenenti ai Re Magi, che abbiamo visto più da vicino il 6 gennaio per mezzo della bella iniziativa del corteo dei Re Magi. Sono tre linee guida che possiamo facilmente individuare nella nostra vita. La perseveranza. Sì, perché “i Magi non si sono scoraggiati davanti alle difficoltà del viaggio. Questo a noi dice che non basta l'entusiasmo iniziale della fede. Ma occorre perseverare anche quando non "sentiamo" più le emozioni”. Ancora, l'apertura di cuore: “I Magi sono docili ai cambiamenti imprevisti. Sono anche capaci di uscire dai loro schemi: si aspettavano di trovare il Bambino nella Reggia di Erode. E invece lo trovano in una famiglia poverissima. E si umiliano, inginocchiandosi davanti a lui”. Infine, il sacrificio. “Hanno affrontato un viaggio molto lungo. Faticoso. Pericoloso. Pur di trovare il Re. Anche noi, non illudiamoci di amare il Signore e il prossimo a buon mercato. Perché senza sacrificio non c'è vero amore!”.
Giungendo la festa dell’Epifania, p. Santo ha voluto far riflettere noi Piccoli Fratelli e Sorelle dell’Immacolata sul vero significato di questa celebrazione: “La festa dell’Epifania consiste nel metterci in cammino e alla ricerca di Dio”. Per farlo è necessario alzarsi. Scuotersi. Mettersi in viaggio. Un viaggio che “ci porterà a trovare Gesù. Ad adorarlo. A prostrarci. Con il cuore vero. Rinnovato. Convertito”.
E dopo la celebrazione Eucaristica pomeridiana, un'iniziativa inedita per la Cittadella: il corteo dei Re Magi. Rappresentazione che ci ha portati a meditare. A conoscere da vicino il cammino che i Magi hanno fatto per arrivare a Betlemme. Numerosi i fedeli che hanno preso parte all'iniziativa, accompagnando il corteo con le fiaccole accese, per giungere fino al luogo in cui adorare Gesù Bambino. A partire dalla cappella, che si è trasformata per l'occasione nella Reggia di Erode, per poi concludersi ai piedi del Bambinello, nella Cappella delle anime del Purgatorio. Tutto molto emblematico. Significativo. I fedeli hanno così ripercorso simbolicamente le “proprie notti buie”, così come padre Santo ci aveva ricordato. Lungo il cammino queste notti buie sono state illuminate. Dalle tante fiaccole accese, che facevano luce sul cammino. Quasi a voler significare che da soli non procediamo nella salita. Occorre che altri compiano il cammino insieme a noi. Che altri siano animati dallo stesso spirito di fede. Quello stesso spirito che animò il santo viaggio dei Re Magi.
Ai piedi del Bambinello abbiamo invece ricordato che l’incontro con l’Emmanuele avviene nel quotidiano della nostra vita. E deve spingerci. Condurci in alto! È l’incontro con Lui che ci consente di accedere all’eredità delle anime sante nel Cielo. Ai piedi del Bambinello allora non solo abbiamo lasciato tante richieste di preghiera. Ma qualche pensiero è andato anche alle anime dei nostri cari nel cielo. Sì, perché il Dio con noi è colui che congiunge terra e cielo. E contemplarlo tra le braccia di Maria è stato un vedere il Cielo discendere sulla terra. E la terra raggiungere il Cielo. Poiché Lei è – così come amava chiamarla Chiara Lubich - «il celeste piano inclinato che porta l’uomo fino a Dio e Dio fino all’uomo».
Il Messia è nato, è venuto anche quest'anno. Ma dobbiamo ricercarlo in noi. Nel nostro cuore. Il viaggio si deve compiere dentro di noi. Perché sia Natale sempre nella nostra vita. Allora scopriamo il Regno dei Cieli in noi. Troviamo Dio che nasce e abita in noi. E avremo «già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc 10,30).