Camminiamo in salita. Ma con una meta ben precisa. Stiamo scalando una montagna. E puntiamo dritti alla vetta. Il nostro monte ha due nomi: Tabor e Calvario. Sul Calvario si sale per contemplare la Sua morte. Sul Tabor, per pregustare il Paradiso. Nella Seconda Domenica di Quaresima abbiamo scalato il Tabor. Ma nel sabato che la precedeva, ci siamo ritrovati sul Calvario. Sul Tabor abbiamo visto la Sua gloria (cfr. Lc 9,32). Sulla via del Calvario abbiamo incrociato il suo sguardo. Pieno di dolore e di amore.

Salire il Calvario. Un’esperienza che facciamo in ogni Via Crucis. Ma che sabato 15 marzo si è fatta ancora più concreta. Sì, perché anche stavolta i Pellegrini dell’Immacolata, insieme a tanti altri fedeli, si sono messi in viaggio. Verso “il Triangolo della Passione”. Tre luoghi santi della nostra Calabria, nel Crotonese, accomunati dalla spiritualità della croce. Quale meta migliore per vivere intensamente il tempo quaresimale?


Un viaggio che è iniziato proprio con una via Crucis, tutta in salita. Fino al suggestivo santuario dell’Ecce Homo (Mesoraca). Qui la contemplazione della Passione si è attualizzata nella celebrazione della s. Messa. P. Francesco Bramuglia OFM ha tenuto l’omelia, e dopo un momento di preghiera, ha spiegato la storia e la spiritualità del santuario. Soffermandosi sull’antica scultura di Gesù sofferente: sublime espressione di arte e fede.


Cordiale l’accoglienza dei padri Francescani. Che hanno messo a disposizione i locali per il pranzo. Nella tipica atmosfera di gioiosa condivisione che caratterizza i nostri pellegrinaggi. Seconda tappa: Petilia Policastro. Dove siamo stati accolti con altrettanto calore dalla Comunità delle Cinque Pietre. Dopo una testimonianza sul carisma, un altro intenso momento di preghiera. Davanti alla preziosa reliquia della Sacra Spina, da cui prende il nome il Santuario. E poi ancora davanti alla croce, nel santuario di Cutro. In cui abbiamo contemplato uno splendido Crocifisso ligneo. Per concludere con le risonanze durante il viaggio di ritorno. Tutte cariche di gioia e gratitudine.



E anche alla Cittadella, in profonda comunione con i Pellegrini, abbiamo affrontato la salita al Calvario. Con la prima “Via Crucis delle Famiglie”. Un evento nuovo e significativo. Che segna una tappa importante nella storia di “Nozze di Cana”, l’itinerario dedicato alle coppie di sposi. «Signore, ma perché hai fatto tutto questo? Chi sei tu, che prendi la croce, affronti la Passione, e muori così?». Con queste domande p. Antonio Carfì ha introdotto l’incontro. E la risposta è stata una sola: l’amore. «La Passione ci mette davanti un Dio “appassionato”. Il legno della croce fa ardere il fuoco dell’amore, che Cristo è venuto ad accendere sulla terra (cfr. Lc 12,49). Anche le croci, piccole e o grandi, delle nostre famiglie, possono diventare legna buona per alimentare questo fuoco. E per imparare ad amare la persona che abbiamo accanto fino al dono totale di noi stessi».




Poi, il viaggio è iniziato. Sotto il manto della Madonna: alla grotta di Lourdes. E poi su, fino alla Cappella delle Anime del Purgatorio. E per ogni tappa, una coppia ha offerto una preziosa meditazione-testimonianza. Attualizzando ogni stazione della Via Crucis nel vissuto concreto della propria famiglia. Un momento forte, commovente. Che ha colpito, arricchito, evangelizzato i numerosi sposi presenti.



E dopo la salita, il percorso in discesa. Cantando le Litanie della Passione. Per celebrare la quindicesima stazione in Cappella. E pregustare la gioia della resurrezione. Lo Sposo Crocifisso e risorto è poi venuto in mezzo a noi. Per un momento di adorazione eucaristica, concluso con la benedizione. Prima di salutarci, una piccola agape fraterna. In attesa di ritrovarci il mese prossimo, in attesa della Pasqua.



E così, dal dolore del Calvario siamo passati al riposo del Tabor. Sì, perché la Seconda Domenica di Quaresima ci offre una sosta rigenerante. Per prepararci ad affrontare con più fede e coraggio lo “scandalo” della croce (cfr. 1Cor 1,23). Vissuto dagli stessi discepoli. Soprattutto Pietro, Giacomo e Giovanni. Ecco perché Gesù sceglie proprio loro tre per salire sul Tabor. «Nella Bibbia il monte è il luogo dove si sperimenta la vicinanza di Dio», ci ha ricordato p. Santo Donato. «Gesù sale su questo monte innanzitutto per pregare (cfr. Lc 9,29)». E da qui è partita una splendida catechesi sulla preghiera cristiana.



«La preghiera ci trasfigura. Cioè ci dà il senso giusto delle cose, ci fa vedere bene, ci aiuta a fare un discernimento. Senza la preghiera la vita cristiana rischia di perdersi. Ma per te, che cos’è la preghiera?». Ecco la provocazione! «Spesso per noi la preghiera è solo chiedere. E se Dio non ci accontenta, arriviamo a dire che non esiste». Ma allora da dove nasce la vera preghiera? «Dal sapere che Dio è Papà. Che Dio è grande, buono, onnipotente». E quando sembra che non ci ascolti? «Deve subentrare la fede. Che ti fa dire: “Se Dio non mi ha concesso questo, si vede che non è per il mio bene. O che il momento non è quello giusto. O che devo pregare di più, o che mi darà qualcosa di più grande”. Perché Dio non si lascia vincere in generosità. E ti sorprenderà!».

Infine, la preghiera è amore: «La preghiera è la mia risposta di amore a Dio. Perché mi sento amato da Lui! La preghiera è dialogo, è sguardo. A volte anche le lacrime possono diventare preghiera muta del cuore». Ecco allora l’invito finale: «Sali sul monte! Mettiti in silenzio, nella tua stanza. E dialoga con il Signore. Se sei arrabbiato, la preghiera ti calma. Se sei disperato, la preghiera ti rende uomo di speranza. Se non vedi un’uscita, la preghiera te la fa vedere. La preghiera ti calma, ti rasserena, ti proietta in Dio».


Sì, il Tabor è necessario per la nostra vita! Eppure, anche il Tabor ha i suoi “rischi”. Ce ne ha parlato p. Francesco. «C’è un modo distorto di vivere la preghiera. E lo capiamo da alcuni indizi. Se la nostra preghiera ci distoglie dai doveri quotidiani. Oppure se ci porta all’orgoglio spirituale: sentirci migliori degli altri perché preghiamo. O ancora, se ci isola, raffreddando le relazioni». In questo caso, non si tratta di vera preghiera! Perché la preghiera autentica ci porta sempre ad amare il prossimo. Sul monte si “sale” per poi “scendere” a valle. E realizzare la missione che Dio ci affida.


Una preghiera vera, fatta col cuore. L’abbiamo vissuta nell’adorazione eucaristica serale, con gli amici del Movimento Eucaristico della Misericordia. Un vero e proprio momento di Tabor. Cuore a cuore con Gesù nel silenzio. E poi la Coroncina. Che si è fatta intercessione per il mondo intero.



La Cittadella è un piccolo Tabor. In tanti l’hanno riconosciuto in questi anni. Lo testimonia l’arrivo continuo di numerosissimi pellegrini. Ben quattro, solo questa domenica, i gruppi che hanno scelto di vivere la Trasfigurazione in questa oasi di spiritualità mariana: il “Gruppo Padre Pio” della parrocchia s. Domenica di Ricadi (Tropea). Il gruppo “Rete di Luce” di Bagnara Calabra. E due numerosi gruppi provenienti rispettivamente da Lamezia e Drapia (Vibo Valentia).




Particolarmente gradita la presenza di alcuni sacerdoti. In primis, quella di mons. Vincenzo Varone, Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Calabro, che ha varcato per la prima volta i cancelli della Cittadella insieme a un gruppo di catechisti della sua parrocchia “Madonna del Rosario di Pompei” (Vibo Valentia). Restando colpito dalla bellezza del luogo, dal carisma e dalla calorosa accoglienza della Fraternità. Poi don Felice Palamara, parroco a Caria e Drapia, destinatario del miracolo che ha portato alla beatificazione di don Francesco Mottola. E infine don Pasquale Brizzi, pittore, poeta e docente di Teologia Spirituale presso l’Istituto Teologico Calabro, venuto a trascorrere una giornata di ritiro con i fedeli della sua parrocchia “SS. Pietro e Paolo” di Petronà (Catanzaro).



Sì, continuiamo a salire. A scalare il monte santo. Tra poche ore un grande amico illuminerà di gioia e di calore paterno l’arido deserto quaresimale. Il nostro caro san Giuseppe! Lui che ha camminato tanto, e spesso in salita. Tra incomprensioni, difficoltà, pericoli. Con una fede incrollabile. Che ha superato quella di tutti i grandi patriarchi. A lui ci affideremo. Con lui continueremo il cammino. Fino alla vetta!

