5 minuti con Gesù

Commento al Vangelo del giorno a cura di P. Antonio Maria Carfì

9 Gennaio 2025 - Giovedì

9 Gennaio 2025 - Giovedì

[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare.
Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.
Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò.
E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.

Anche questo brano è molto conosciuto. Iniziamo ad annotare la delicatezza di Gesù verso la folla. Dopo il miracolo non va via subito, ma sente il bisogno di “congedare la folla”, di salutarla.
È quello che sottolineavamo anche ieri: la folla non è un “problema” per Gesù, non è fonte di “fastidi”, ma crea l’occasione per intrecciare delle relazioni, perché le persone potessero andare via non soltanto con la pancia piena, ma con il cuore colmo di gioia perché qualcuno si era interessato di loro, si era preso cura di loro. Infatti, prima ancora della loro fame, Gesù si era fatto carico del loro senso di smarrimento perché da subito ne aveva compreso il loro essere come “pecore senza pastore”. E il “gregge”, qualsiasi gregge, prima ancora che l’erba da brucare, ha bisogno del pastore che lo guidi e lo difenda dai pericoli.
Il brano di oggi ne è la continuazione. Adesso però i discepoli, che prima avevano considerato la folla un “problema”, non vogliono più andarsene perché Gesù ha riscosso un grande successo e vorrebbero partecipare di questi riconoscimenti, vorrebbero che la folla acclamasse e ringraziasse anche loro. Sono palesemente affamati di gratificazioni umane, applausi ed “evviva” … Ma questa è una grande tentazione! E infatti Gesù li “costringe” ad andarsene perché sa che li attende una tempesta. Ed è nelle tempeste della vita che la nostra fede si rafforza!
Il brano narra che durante la navigazione, Pietro e suoi compagni pur essendo esperti pescatori, incontrano una tempesta che li impegna ai limiti delle loro possibilità. Ed è in questo frangente che Gesù si fa loro incontro. E qui annotiamo la reazione impaurita dei discepoli: «Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: “È un fantasma!”, e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti». Che cosa li sconvolge? Probabilmente il fatto che lo vedono camminare sulle acque, prerogativa che si sapeva essere solo di Dio: «Sul mare la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque, ma le tue orme non furono riconosciute» (Salmo 77,20). E la paura cresce perché pensano si tratti di un “fantasma”, esperienza che si ripeterà il giorno di Pasqua quando i discepoli, impauriti per la fine cruenta del loro Maestro, si rifugeranno nel cenacolo: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (Luca 24,39).
Ancora una volta entra in gioco l’idea che abbiamo di Dio… e spesso questa idea è sbagliata o deformata dalle nostre esperienze. Gesù si avvicina alla barca e fa comprendere, a loro e a noi oggi, che Lui c’è sempre nella nostra vita, sia che il mare sia calmo, sia che si sollevino tempeste, Lui c’è sempre! Sono le nostre paure ad agitare ancora di più le acque, il pensiero che siamo soli nelle difficoltà e che al Signore – ammesso che esista!... – non importa nulla di noi! Nel farci elaborare questi pensieri il Maligno è imbattibile!
E Gesù, raggiunta la barca, si dichiara: «Coraggio, Io sono, non abbiate paura!». È la definizione che Dio darà di Sé stesso a Mosè nella teofania del roveto ardente: «Dio disse a Mosè: “Io Sono colui che Sono!» (Esodo 3,14). “Io sono” è il Nome di Dio e Gesù lo applica a Sé stesso. Dunque le tante tempeste che affrontiamo nella vita possono diventare esperienze nelle quali incontriamo l’Io Sono che si prende cura di noi. E da ognuna di essere usciamo rafforzati, con una fede che ha fatto esperienza dell’intervento di Dio a nostro favore. È vero: non sempre ha impedito la tribolazione, ma sicuramente ci ha aiutati a non annegare nelle onde alte e travolgenti delle nostre paure; nelle acque profonde delle nostre lacrime.
C’è un motivo a fondamento della resistenza ed incredulità dei discepoli… e nostra? Sì, per Gesù questi atteggiamenti paurosi ed increduli sono il frutto di non aver compreso «il fatto dei pani: il loro cuore era indurito». Il miracolo della moltiplicazione dei pani era il segno del Signore crocifisso, risorto e vincitore della morte, che viene incontro nel segno dei pani alla fame di vita eterna che c’è nel cuore di ogni essere umano. L’Eucaristia non è soltanto un “ricordo” ammantato di nostalgia; non è un amore piuttosto vago ed indefinito, una sorta di “fantasma” col quale la Chiesa deve confrontarsi. Il Pane è Gesù stesso, il Risorto che conosce la fame di vita degli uomini e si dona gratuitamente con tutta la Sua reale presenza: Corpo, Sangue, Anima e Divinità. È presenza reale, l’Eucaristia! E non fantasma! “Capire” il Pane significa concretamente nutrirsi del Corpo e Sangue di Gesù; vuol dire assimilarsi a Lui per diventare in Lui, figli del Padre e fratelli di tutti!
Ecco perché l’episodio accaduto duemila anni fa in realtà è di estrema attualità. Perché anche oggi il Pane non è compreso e non dagli atei, ma proprio dai discepoli di Gesù, forse da me e da te! I segni di questa non comprensione sono sempre gli stessi: mancanza di ascolto e di obbedienza; mancanze di carità e di perdono; mancanza di speranza e di fede.

Caro Gesù,
Tu sai quante tempeste
abbiamo affrontato,
in quali mari infidi e pericolosi
abbiano navigato.
E tante volte, pur invocandoTi,
non siamo riusciti ad andare oltre
la convinzione che in fondo
Tu sei soltanto un “fantasma”... E alla paura del pericolo
si è aggiunto il terrore di essere soli,
di non farcela, di soccombere
a forze più grandi di noi.
E Tu cosa fai?
Ti avvicini a noi,
ieri, oggi e sempre!
E ci ripeti quella solenne definizione
che il Padre Tuo aveva dato
a Mosè nel deserto:
“Io Sono Colui che Sono”
Che in realtà va tradotto:
“Io Sono Colui che… ci Sono”.
No, Tu non sei un fantasma!
Tu sei l’Essere
che si prende cura paterna ed innamorata,
efficace e provvidenziale
di ognuno di noi!
Sei Colui che “c’è”,
come esige l’amore:
“esserci per l’altro”,
e Tu sei Amore!
Ti preghiamo:
aiutaci ancora oggi
a non lasciarci travolgere
dalle onde alte e tempestose
delle nostre paure;
a non affogare nelle acque profonde
delle nostre lacrime.
Aiutaci a comprendere
che il Tuo “esserci” nell’Eucaristia
è la Compagnia reale e regale
della Tua presenza sulle barche
della nostra vita.
E neanche la Morte,
ultima e per noi invincibile tempesta,
potrà offuscare in noi
il senso cristiano della vita.

Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!

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