5 minuti con Gesù

Commento al Vangelo del giorno a cura di P. Antonio Maria Carfì

13 Novembre 2024 - Mercoledì

13 Novembre 2024 - Mercoledì

Carissimi Amici, buongiorno a tutti! Dio è Amore!

Mettiamoci in ascolto della Parola di Gesù:

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

«Lungo il cammino verso Gerusalemme …».
Inizia così il Vangelo di oggi presentandoci un Gesù in cammino non solo verso Gerusalemme – dove sapeva che avrebbe subito la Passione per noi – ma anche verso ognuno di noi nell’oggi della nostra vita. Perché il Signore sa che siamo malati, nel corpo e nello spirito e desidera che la potenza del Suo Amore che guarisce e salva raggiunga anche le nostre piaghe, le nostre ansie, le nostre paure.
C’è un abbozzo di fede in questi lebbrosi, ma ci domandiamo: il loro è un grido che nasce dalla fede/fiducia in Gesù o è solo disperazione? Non lo sappiamo, ma a volte il confine è molto labile e non è un caso forse che le preghiere più accorate, più autentiche sono nate quando le nostre ginocchia e il cuore erano piegati e piagati dalle prove. Una cosa è certa: il grido di dolore di questo gruppetto di disperati è stato accolto da Gesù che ha trasformato i loro passi incerti e paurosi in un cammino festoso verso i sacerdoti che avevano il compito di certificare la guarigione avvenuta (così prescriveva la Legge di Mosè).
Ma è in questo viaggio verso l’osservanza della Legge che accade qualcosa di imprevisto: uno dei lebbrosi guariti – solo uno! – anziché proseguire il cammino verso l’osservanza della Legge torna da Gesù a ringraziarLo! Questa è la prima freccia infuocata che stamattina deve raggiungere il nostro cuore: Gesù è la Fonte, è il Principio senza principio e il Fine di ogni cosa, l’Alfa e l’Omega. È l’Amore fatto carne per l’Uomo e per questo è il superamento di tutte le prescrizioni e regole e regoline nelle quali abbiamo finito per intrappolare il nostro rapporto con Dio. La Carità prima di tutto, ricordandoci quello che Gesù stesso ha detto: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l'uomo per il sabato!» (Marco 2,27). Ossia prima di qualsiasi cosa davanti al cuore di Gesù c’è la persona e poi tutto il resto.
Un esempio sicuramene banale, ma efficace per tradurre in immagine ciò che stiamo dicendo: a che serve “non mangiare carne il Venerdì Santo” se poi “mangio i fratelli con i giudizi e li faccio a pezzi con il rancore e li cucino nel fuoco sempre accesso dell’invidia e del sospetto”? Il lebbroso che è tornato non è stato guarito solo nel corpo (la lebbra scomparsa), ma anche nello spirito, nel profondo dell’anima perché nel suo cuore è nato un germoglio di gratitudine, un sussulto di riconoscenza che gli altri non hanno provato o se lo hanno provato lo hanno soffocato. Non soltanto è “guarito” (dimensione che riguarda i mali fisici), ma è stato “salvato” (in tutte le dimensioni della sua persona: spirito, anima, corpo) perché ha riconosciuto che Gesù non è solo un “santone” che guarisce, ma è il Dio che ogni essere umano cerca per tutta la vita, col dramma che se anche lo trova potrebbe non riconoscerlo come accaduto agli altri nove lebbrosi. Quale messaggio per noi? La gratitudine è una chiave che apre sempre le porte del Cuore di Cristo!
La parola “grazie” ci “salva”, detta a Dio è probabilmente l’unica parola che possiamo pronunciare autenticamente nostra, senza ipocrisia, senza doppiezze; l’unica preghiera che non vanta nulla davanti a Lui, come invece a volte facciamo dicendoGli: “guarda che noi andiamo a Messa, preghiamo, partecipiamo alla vita della Chiesa, facciamo le elemosine…”. La parola “grazie” è quella che non fa davanti a Dio la contabilità di quello che noi facciamo per Lui, ma è il riconoscimento stupito di quello che Lui ha fatto, fa e farà sicuramente per noi, indipendentemente se siamo “bravi, belli e buoni”. Lui agisce perché ci ama.
Il lebbroso dunque si è sentito amato e nel buttarsi per terra ai piedi di Gesù, si accorge che i piedi di questo Uomo calpestano la polvere della stessa strada: tradotto per noi è la presa di coscienza che Dio non è lontano, che il Suo sguardo e la Sua Presenza continuano ad impolverarsi della stessa polvere che calpestiamo noi nelle nostre case, nei quartieri che frequentiamo, lungo le corsie degli ospedali, tra i viali dei cimiteri dove la Sua presenza si fa consolazione e speranza tra i gemiti di dolore e le lacrime di chi soffre la perdita delle persone care.
Gesù è davvero l’Emmanuele, il Dio-con-noi che segue con infinito Amore le traiettorie spesso contorte che compiamo noi. È proprio vero quello che dicono i Santi: “Dio continua sempre a scrivere ‘dritto’ e con mano ferma sulle vie ‘storte’ degli uomini”! Un’ultima considerazione: l’unico a tornare indietro è uno “straniero” … Categoria che usiamo spesso nel nostro linguaggio comune, ma che non deve piacere molto a Gesù e non per motivi “politici” o “ideologici”, ma per un motivo di una semplicità disarmante: l’unica preghiera che ci ha insegnato – il Padre nostro – ci consegna la nostra vera identità: figli di Dio e fratelli tutti fra di noi. Nessuno più deve sentirsi “straniero” in una Terra sulla quale troviamo ancora le impronte di Gesù.
Lo aveva capito molto bene San Paolo che scriveva così alla comunità di Efeso: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (Efesini 2,19).

Caro Gesù,
oggi osservo il lebbroso,
l’unico che torna a ringraziarTi
e mentre la sua carne viene risanata
sento che anche il mio cuore
ha bisogno di essere guarito:
dalla lebbra del dare tutto per scontato;
dalla lebbra dell’isolamento
e di una vita solo virtuale;
dalla lebbra che mi fa
ancora chiudere alcuni esseri umani
dentro la categoria umiliante
ed escludente dello “straniero”;
dalla lebbra di osservanze religiose
che hanno perso il contatto
con la Tua Vita e la Tua misericordia
e hanno finito per “infettare”
e rendere “morte”
perfino le nostre preghiere;
dalla lebbra dei giudizi e dei sospetti,
dei rancori e delle vendette
che rendono impercorribili
le strade che invece dovrebbero unirci;
dalla lebbra di una visione
della vita e dell’umanità,
dalla quale Tu, che hai creato tutto
per amore nostro,
vieni sistematicamente escluso.
Insegnami l’arte della gratitudine
per accogliere ogni cosa
come un dono del Tuo Amore.
Imprimi col fuoco dello Spirito
la parola “grazie” nel profondo
delle mie memorie ferite
e non solo sarò “guarito”,
ma proverò l’ebbrezza della “salvezza”,
della consapevolezza che Tu
non distogli mai il Tuo sguardo
dalle mie povertà!
Che hai amato così tanto
da dare la Tua Vita per me.
Sì, Gesù, grazie,
perché mi ami “da morire”.

Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!

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